Partiamo da qui.
Un'immagine piuttosto semplice da decifrare: un'illustrazione in corso d'opera, dei pennelli, un piatto di plastica utilizzato come tavolozza, nastro da carrozziere. Un tavolo eccessivamente ingombro di roba, tanto da lasciare pochissimo spazio per il lavoro vero e proprio. Ma questa è un'altra storia.
Volendo proseguire oltre ciò che ci appare immediatamente riconoscibile, potremmo parlare di come il foglio di carta è assicurato ad una tavoletta di legno o di come è utilizzato il nastro da carrozziere e quello di carta gommata: il "marroncino" che vedete ai margini dell'illustrazione, oltre il nastro, non è il legno della tavoletta ma il colore della carta gommata (un rotolo di nastro di carta con della colla su un lato che bisogna inumidire per poterlo utilizzare come nastro adesivo) utilizzata per fermare la carta da acquerello e, contemporaneamente, tenderla per non permettere che si formino increspature e dossi.
Potremmo andare oltre.
L'illustrazione ha una dimensione definita e le figure sono disposte, al suo interno, rispettando regole piuttosto precise.
Il punto è che "fare illustrazione" non è affatto sinonimo di "fare pittura" o "fare disegno". Non c'è dubbio che l'illustrazione utilizzi la pittura o il disegno, ma non esaurisce in questi aspetti ciò che la definisce tale.
Ragioniamo sull'ovvio.
Il termine stesso, "illustrazione", definisce un fatto chiarissimo: si tratta di un'immagine che, in qualche modo, illustra, racconta, chiarisce, approfondisce, qualcosa. Cosa? Il testo, ovviamente. L'illustrazione, quindi, vive stabilendo un fortissimo legame con la parte testuale.
Se è vero che questo fatto è ovvio, non è vero che sia necessariamente banale. Anzi, raramente lo è.
Continuando a parlare di ovvietà, mi soffermerei su questo legame.
Sono tre gli aspetti che contraddistinguono il legame testo-illustrazione:
- congruenza geometrica
- congruenza narrativa
- congruenza psicologica